Adolescenza: la famiglia tra crisi e sviluppo
L’ingresso di un figlio nell’adolescenza costituisce un evento critico che pone a volte la famiglia di fronte a non poche difficoltà, mettendo alla prova le sue capacità adattive e di cambiamento.
La caratteristica peculiare dell’adolescenza è infatti quella di essere una fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta, e tale transizione vede coinvolti oltre al ragazzo, anche i parenti del giovane, compreso il nucleo familiare allargato (nonni, zii, cugini, ecc..). Tutti vengono a qualche titolo coinvolti in questa fase del ciclo di vita della famiglia, e devono dare il loro contributo in modo utile, rispettando tempi e spazi sia del ragazzo che dei genitori.
Durante il periodo adolescenziale i ragazzi sperimentano nuove conoscenze, capiscono di più del mondo che li circonda e delle sue regole, ed in famiglia tendono ad introdurre nuove idee e nuovi valori, mettendo a volte in discussione le figure genitoriali. Questo è il momento nel quale i ragazzi iniziano a volersi muovere in modo sempre più autonomo nell’ambiente sociale, e a tollerare sempre meno le regole della famiglia. Ciò è normale, succede sempre.
La famiglia dell’adolescente (specie i genitori) è messa di fronte al compito non semplice di conciliare la propria tendenza al mantenimento dell’unione familiare con una nuova e a volte anche intensa sollecitazione del figlio, che vuole trasmettere nuovi punti di vista e nuove forme di relazione.
Rispetto ai compiti di sviluppo della famiglia stessa (Carter e Mc Goldrick,1986), intesa come “organismo” fatto da più persone in stretta e vitale relazione tra di loro, in questa fase il principale è quello di favorire in modo “protetto” il processo di separazione psicologica dell’adolescente dai genitori, permettendo cioè al giovane di costruirsi un’identità propria e separata ma al contempo non permettendo che la famiglia si “sfaldi” nelle sue linee costitutive di fronte alle spinte spesso confuse e poco “finalizzate” del ragazzo.
Questo processo, che è parte della “separazione-individuazione” (Blos, 1971), è piuttosto complesso (soprattutto se la famiglia è un po’ rigida verso i cambiamenti) e spesso produce nel suo svolgersi ansia sia nel ragazzo che nei genitori. Per realizzarsi compiutamente questa separazione-individuazione richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia. La “separazione – individuazione” non è un processo “a senso unico”, svolto cioè solo dal ragazzo, ma deve avvenire contemporaneamente anche per i genitori, altrimenti l’adolescente rischia di trovarsi di fronte ad un “muro” di resistenze difficile da superare e che lo confonderà rispetto alle proprie spinte interne. I genitori dal canto loro potrebbero invece trovarsi a dover gestire un adolescente arrabbiato e confuso.
Si può quindi dire che la famiglia deve raggiungere un equilibrio tra due compiti opposti: da un lato favorire il cambiamento e l’indipendenza emotiva (quindi “separarsi” dall’adolescente e dunque un po’ “dividersi”) ma dall’altro restare unita per poter essere una “base sicura” (Bowlby, 1988) proprio per il ragazzo, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Per aiutare il figlio adolescente i genitori dovrebbero essere in grado di contenere le sue (normali) oscillazioni tra movimenti di esplorazione del mondo e movimenti di ritorno al “nido sicuro” della famiglia.
Dunque è chiaro che con la crescita del ragazzo il rapporto genitori-figli non si interrompe, ma piuttosto si modifica ed evolve verso forme più mature, cioè caratterizzate da maggiore flessibilità e rispetto per le differenze, da capacità di cambiamento, anche se all’interno di una rassicurante continuità.
I genitori devono far capire all’adolescente che sono disposti a dargli progressivamente sempre più fiducia, che lo ritengono competente ma anche in via di formazione, devono accettare le sue opinioni in modo criticamente costruttivo e chiedere sempre di più (rispettandolo!) il suo punto di vista.
Non sempre però è facile assecondare le oscillazioni del proprio figlio senza sentirsi “minacciati”, o anche abbandonati e messi da parte. Non è facile infatti per i genitori modificare in modo spesso abbastanza significativo il loro punto di vista sulla educazione, sui rapporti familiari, ecc...
Certo è che una giusta flessibilità tra autonomia e dipendenza dalla famiglia è ciò che permette all’adolescente di sperimentarsi “all’esterno”, nell’ambiente sociale, in modo adeguato, e di costruire relazioni significative al di fuori della famiglia che lo aiuteranno nell’affrontare al meglio i compiti della vita.
Come molti sapranno, l’evento che segna in qualche modo l’inizio dell’adolescenza è lo sviluppo puberale del ragazzo: i cambiamenti fisici e corporei che questo sviluppo comporta sono irreversibili e testimoniano nel giovane la fine della condizione di bambino. Va detto che i cambiamenti a livello corporeo (spesso notevoli e repentini) che avvengono nel ragazzo implicano per loro stessa natura nuove aspettative sia nei genitori che anche nella società, rispetto ai ruoli e alle norme di comportamento che l’adolescente deve iniziare a tenere e rispettare.
Spesso per i ragazzi non è semplice accettare i cambiamenti fisiologici, ed in questo possono essere molto aiutati dai genitori, che con un atteggiamento di apertura, ascolto, comprensione e rassicurazione, posso fare davvero la differenza. Le paure degli adolescenti e le loro idee sui loro cambiamenti fisici non vanno mai derise né sottovalutate, ma anzi da un lato ascoltate, prese “sul serio” e discusse, e dal’altro normalizzate e armonizzate con il processo di crescita (per esempio riportando esempi della propria storia di adolescenti “..sai che anche a me succedeva qualcosa di simile alla tua età, e poi ...”).
Ciò detto, anche i genitori, così come i figli adolescenti, si trovano ad affrontare una vera e propria crisi di identità: essi infatti con un figlio adolescente devono accettare che la loro giovinezza è passata e che comincia il definitivo ingresso nell’età matura, devono fare i conti con le modificazioni che pian piano, e in modo irreversibile assume per esempio il loro corpo e devono tollerare la comparsa dei primi segni dell’invecchiamento. Quindi anche i genitori si trovano (come i figli) a dover elaborare delle perdite: i figli perdono “l’innocenza dell’età infantile”, mentre i genitori la loro forza biologica e il loro ruolo di genitori “onnipotenti” (Scabini, Iafrate, 2003). Talvolta i genitori devono affrontare anche le perdite relative alla morte o alla malattia dei loro stessi genitori, magari già anziani o sempre più bisognosi di assistenza.
L’adolescenza dei figli implica un cambiamento significativo anche nella relazione di coppia. Ora che i figli sono cresciuti e l’impegno genitoriale diminuisce progressivamente, i coniugi iniziano a ritrovarsi nuovamente da soli (come all’inizio della loro storia) e ad avere maggiore tempo da dedicare a se stessi e all’altro.
Ciò porta a dover ridefinire la relazione coniugale e a dover reinvestire in essa: se prima infatti il solo fatto di essere dei genitori poteva in alcune situazioni bastare o “supplire” a qualche mancanza della coppia, ora che i figli stanno diventando grandi la dimensione genitoriale non basta più a compensare eventuali difetti nella coppia. Questo può portare a delle difficoltà.
Questo fenomeno, definito “sindrome del nido vuoto” (Lutte, 1987), è ben conosciuto dagli studiosi della famiglia. In seguito ai cambiamenti del sistema familiare i due partner per restare coppia dovranno coltivare interessi culturali e sociali sia come singoli che congiuntamente, valorizzare l’attività lavorativa di ciascuno, ecc..
Se i singoli e la coppia riescono ad elaborare questi cambiamenti si attuerà un processo di ristrutturazione e un’evoluzione positiva della coppia stessa verso nuove modalità di relazione, mentre se ciò non avviene le tensioni potrebbero arrivare a creare una crisi coniugale.
Conclusioni.
Il rimodellamento della personalità dell’adolescente può e deve diventare lo stimolo per il rimodellamento della famiglia nel suo insieme. Si può quindi dire che vi è e vi deve essere un parallelismo evolutivo tra la crescita dell’adolescente e quella del sistema famiglia, e che queste due evoluzioni sono “circolari” e complementari tra loro (Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera, 2002).
Approfondimento specialisticoIl passaggio cruciale della transition to parenthood (Palkovitz e Sussman, 1989) è rappresentato dall’adolescenza dei figli. Il racconto della conquista dell’identità e dei problemi implicati in questo processo è stato oggetto di numerosi studi psicologici. La progressiva acquisizione di autonomia da parte dell’adolescente ha come cornice una storia che alterna una “presa di distanza”, spesso polemica, e una “richiesta di vicinanza”, in continua oscillazione tra l’esigenza di soddisfare i propri bisogni di esplorazione e la necessità di rassicurazione sull’affidabilità dei legami familiari. Fondamentale appare dunque l’esperienza dell’autonomia e del distacco, ma solo a partire da basi sicure e da solidi punti di riferimento: è dimostrato, per esempio, che l’essere cresciuti in un ambiente ricco di ritualità, in famiglie nelle quali il significato simbolico della vita è condiviso e stabilmente ancorato a valori di riferimento, favorisce negli adolescenti il senso d’identità (Fiese e Kline 1993).
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Dott. Marco Schneider, Psicologo e Psicoterapeuta sistemico-familiare, Esperto di psicologia della coppia e psicologia dell’età evolutiva, Rho |
Dott.ssa Stefania Ferrari, Psicologa e mediatrice familiare, Rho |
Bibliografia.
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- Baumrind D., “ Rearing competent children”, in Child development today and Tomorrow, 1989
- Belotti G., Palazzo S., “Genitori, la sfida educativa”, Elledici editore, 2007
- Blos P., “Ladolescenza: un’interpretazione psicoanalitica”, Angeli, 1971
- Bowlby J., “Una base sicura”, Cortina, 1988
- Fiese B.H. e Kline C.A., “Development of the family ritual questionnaire: Initial reliability and validation study”, in Journal of family Psychology, 6,3, 1993.
- Fruggeri L., “Famiglie”, Carocci, 2007
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- Palkovitz R. J., Sussman M. , “Transitions to Parenthood”, Routledge, 1989
- Scabini E., Iafrate R., “Psicologia dei legami familiari”, Il Mulino,2003
- Scabini E., Rossi G. (a cura di), “Le parole della famiglia”, Vita e Pensiero editore, 2006
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