Dott. Marco Schneider
Psicologo e Psicoterapeuta

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Adolescenza: la famiglia tra crisi e sviluppo

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L’ingresso di un figlio nell’adolescenza costituisce un evento critico che pone a volte la famiglia di fronte a non poche difficoltà, mettendo alla prova le sue capacità adattive e di cambiamento.
La caratteristica peculiare dell’adolescenza è infatti quella di essere una fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta, e tale transizione vede coinvolti oltre al ragazzo, anche i parenti del giovane, compreso il nucleo familiare allargato (nonni, zii, cugini, ecc..). Tutti vengono a qualche titolo coinvolti in questa fase del ciclo di vita della famiglia, e devono dare il loro contributo in modo utile, rispettando tempi e spazi sia del ragazzo che dei genitori.

fotoschneider2Durante il periodo adolescenziale i ragazzi sperimentano nuove conoscenze, capiscono di più del mondo che li circonda e delle sue regole, ed in famiglia tendono ad introdurre nuove idee e nuovi valori, mettendo a volte in discussione le figure genitoriali. Questo è il momento nel quale i ragazzi iniziano a volersi muovere in modo sempre più autonomo nell’ambiente sociale, e a tollerare sempre meno le regole della famiglia. Ciò è normale, succede sempre.

La famiglia dell’adolescente (specie i genitori) è messa di fronte al compito non semplice di conciliare la propria tendenza al mantenimento dell’unione familiare con una nuova e a volte anche intensa sollecitazione del figlio, che vuole trasmettere nuovi punti di vista e nuove forme di relazione.
Rispetto ai compiti di sviluppo della famiglia stessa (Carter e Mc Goldrick,1986), intesa come “organismo” fatto da più persone in stretta e vitale relazione tra di loro, in questa fase il principale è quello di favorire in modo “protetto” il processo di separazione psicologica dell’adolescente dai genitori, permettendo cioè al giovane di costruirsi un’identità propria e separata ma al contempo non permettendo che la famiglia si “sfaldi” nelle sue linee costitutive di fronte alle spinte spesso confuse e poco “finalizzate” del ragazzo.
Questo processo, che è parte della “separazione-individuazione” (Blos, 1971), è piuttosto complesso (soprattutto se la famiglia è un po’ rigida verso i cambiamenti) e spesso produce nel suo svolgersi ansia sia nel ragazzo che nei genitori. Per realizzarsi compiutamente questa separazione-individuazione richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia. La “separazione – individuazione” non è un processo “a senso unico”, svolto cioè solo dal ragazzo, ma deve avvenire contemporaneamente anche per i genitori, altrimenti l’adolescente rischia di trovarsi di fronte ad un “muro” di resistenze difficile da superare e che lo confonderà rispetto alle proprie spinte interne. I genitori dal canto loro potrebbero invece trovarsi a dover gestire un adolescente arrabbiato e confuso.

Si può quindi dire che la famiglia deve raggiungere un equilibrio tra due compiti opposti: da un lato favorire il cambiamento e l’indipendenza emotiva (quindi “separarsi” dall’adolescente e dunque un po’ “dividersi”) ma dall’altro restare unita per poter essere una “base sicura” (Bowlby, 1988) proprio per il ragazzo, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Per aiutare il figlio adolescente i genitori dovrebbero essere in grado di contenere le sue (normali) oscillazioni tra movimenti di esplorazione del mondo e movimenti di ritorno al “nido sicuro” della famiglia.

Dunque è chiaro che con la crescita del ragazzo il rapporto genitori-figli non si interrompe, ma piuttosto si modifica ed evolve verso forme più mature, cioè caratterizzate da maggiore flessibilità e rispetto per le differenze, da capacità di cambiamento, anche se all’interno di una rassicurante continuità.
I genitori devono far capire all’adolescente che sono disposti a dargli progressivamente sempre più fiducia, che lo ritengono competente ma anche in via di formazione, devono accettare le sue opinioni in modo criticamente costruttivo e chiedere sempre di più (rispettandolo!) il suo punto di vista.

fotoschneider3Non sempre però è facile assecondare le oscillazioni del proprio figlio senza sentirsi “minacciati”, o anche abbandonati e messi da parte. Non è facile infatti per i genitori modificare in modo spesso abbastanza significativo il loro punto di vista sulla educazione, sui rapporti familiari, ecc...
Certo è che una giusta flessibilità tra autonomia e dipendenza dalla famiglia è ciò che permette all’adolescente di sperimentarsi “all’esterno”, nell’ambiente sociale, in modo adeguato, e di costruire relazioni significative al di fuori della famiglia che lo aiuteranno nell’affrontare al meglio i compiti della vita.

Come molti sapranno, l’evento che segna in qualche modo l’iniziofotoschneider4 dell’adolescenza è lo sviluppo puberale del ragazzo: i cambiamenti fisici e corporei che questo sviluppo comporta sono irreversibili e testimoniano nel giovane la fine della condizione di bambino. Va detto che i cambiamenti a livello corporeo (spesso notevoli e repentini) che avvengono nel ragazzo implicano per loro stessa natura nuove aspettative sia nei genitori che anche nella società, rispetto ai ruoli e alle norme di comportamento che l’adolescente deve iniziare a tenere e rispettare.
Spesso per i ragazzi non è semplice accettare i fotoschneider5cambiamenti fisiologici, ed in questo possono essere molto aiutati dai genitori, che con un atteggiamento di apertura, ascolto, comprensione e rassicurazione, posso fare davvero la differenza. Le paure degli adolescenti e le loro idee sui loro cambiamenti fisici non vanno mai derise né sottovalutate, ma anzi da un lato ascoltate, prese “sul serio” e discusse, e dal’altro normalizzate e armonizzate con il processo di crescita (per esempio riportando esempi della propria storia di adolescenti “..sai che anche a me succedeva qualcosa di simile alla tua età, e poi ...”).

Ciò detto, anche i genitori, così come i figli adolescenti, si trovano ad affrontare una vera e propria crisi di identità: essi infatti con un figlio adolescente devono accettare che la loro giovinezza è passata e che comincia il definitivo ingresso nell’età matura, devono fare i conti con le modificazioni che pian piano, e in modo irreversibile assume per esempio il loro corpo e devono tollerare la comparsa dei primi segni dell’invecchiamento. Quindi anche i genitori si trovano (come i figli) a dover elaborare delle perdite: i figli perdono “l’innocenza dell’età infantile”, mentre i genitori la loro forza biologica e il loro ruolo di genitori “onnipotenti” (Scabini, Iafrate, 2003). Talvolta i genitori devono affrontare anche le perdite relative alla morte o alla malattia dei loro stessi genitori, magari già anziani o sempre più bisognosi di assistenza.

L’adolescenza dei figli implica un cambiamento significativo anchefotoschneider6 nella relazione di coppia. Ora che i figli sono cresciuti e l’impegno genitoriale diminuisce progressivamente, i coniugi iniziano a ritrovarsi nuovamente da soli (come all’inizio della loro storia) e ad avere maggiore tempo da dedicare a se stessi e all’altro.
Ciò porta a dover ridefinire la relazione coniugale e a dover reinvestire in essa: se prima infatti il solo fatto di essere dei genitori poteva in alcune situazioni bastare o “supplire” a qualche mancanza della coppia, ora che i figli stanno diventando grandi la dimensione genitoriale non basta più a compensare eventuali difetti nella coppia. Questo può portare a delle difficoltà.
Questo fenomeno, definito “sindrome del nido vuoto” (Lutte, 1987), è ben conosciuto dagli studiosi della famiglia. In seguito ai cambiamenti del sistema familiare i due partner per restare coppia dovranno coltivare interessi culturali e sociali sia come singoli che congiuntamente, valorizzare l’attività lavorativa di ciascuno, ecc..
Se i singoli e la coppia riescono ad elaborare questi cambiamenti si attuerà un processo di ristrutturazione e un’evoluzione positiva della coppia stessa verso nuove modalità di relazione, mentre se ciò non avviene le tensioni potrebbero arrivare a creare una crisi coniugale.

Conclusioni.

Il rimodellamento della personalità dell’adolescente può e deve diventare lo stimolo per il rimodellamento della famiglia nel suo insieme. Si può quindi dire che vi è e vi deve essere un parallelismo evolutivo tra la crescita dell’adolescente e quella del sistema famiglia, e che queste due evoluzioni sono “circolari” e complementari tra loro (Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera, 2002).

Approfondimento specialistico

Il passaggio cruciale della transition to parenthood (Palkovitz e Sussman, 1989) è rappresentato dall’adolescenza dei figli. Il racconto della conquista dell’identità e dei problemi implicati in questo processo è stato oggetto di numerosi studi psicologici. La progressiva acquisizione di autonomia da parte dell’adolescente ha come cornice una storia che alterna una “presa di distanza”, spesso polemica, e una “richiesta di vicinanza”, in continua oscillazione tra l’esigenza di soddisfare i propri bisogni di esplorazione e la necessità di rassicurazione sull’affidabilità dei legami familiari. Fondamentale appare dunque l’esperienza dell’autonomia e del distacco, ma solo a partire da basi sicure e da solidi punti di riferimento: è dimostrato, per esempio, che l’essere cresciuti in un ambiente ricco di ritualità, in famiglie nelle quali il significato simbolico della vita è condiviso e stabilmente ancorato a valori di riferimento, favorisce negli adolescenti il senso d’identità (Fiese e Kline 1993).
Il compito evolutivo dell’adolescente è perciò segnato da quel lavoro emancipatorio che esiterà nell’acquisizione della piena responsabilità adulta con le sue componenti affettive, ideative e sociali.
Se è noto l’itinerario dell’adolescente, meno noto, ma altrettanto cruciale, è il fatto che anche i genitori dell’adolescente affrontano, dalla loro parte, il processo di svincolo, con le quote di dolore che ogni distacco implica. I genitori si trovano in una condizione per alcuni versi paradossale: devono infatti favorire un processo di svincolo che avrà come esito l’abbandono della relazione privilegiata con loro stessi.
Con l’adolescenza del figlio lo sviluppo della famiglia diventa un’impresa evolutiva congiunta di due generazioni. Quando i figli sono adolescenti la cura responsabile si traduce in un atteggiamento di “protezione flessibile” che tiene conto vuoi degli aspetti di dipendenza ancora presenti nella condizione adolescenziale, vuoi degli aspetti di autonomia e della loro difficile e mutevole composizione.
Molti studi e ricerche psicosociali si sono centrati sugli stili educativi dei genitori (Palmonari, 2001). In particolare il modello di Baumrid (1989) individua due dimensioni indipendenti: l’accettazione, che consiste nell’accettare il figlio per quello che è, valorizzandone le qualità personali senza pretendere di modellarlo secondo i propri criteri, ed il controllo, che consiste nel guidare e stimolare il figlio sia sul piano psicologico, sia su quello comportamentale. Un equilibrio armonico tra la funzione di sostegno e la funzione di guida dei genitori risulta essere lo stile educativo (stile autorevole) che maggiormente favorisce un adeguato superamento della transizione adolescenziale.
Ciò che occorre ribadire è dunque che affetto e norma non sono scelte educative alternative: comporre un giusto equilibrio di entrambe, sviluppando sia gli aspetti affettivi sia quelli normativi che consentono di interiorizzare il senso di ciò che è bene e male e di fare l’esperienza del limite, è il compito principale a cui padri e madri sono quotidianamente chiamati per garantire una sana crescita dei figli.

 

Dott. Marco Schneider,
Psicologo e Psicoterapeuta sistemico-familiare,
Esperto di psicologia della coppia e psicologia dell’età evolutiva,
Rho
Dott.ssa Stefania Ferrari,
Psicologa e mediatrice familiare,
Rho

Bibliografia.

  • Amerio P., Boggi Cavallo P., Palmonari A., Pombeni M.L., “Gruppi di adolescenti e processi di socializzazione”, Il Mulino Ricerca, 1990
  • Baumrind D., “ Rearing competent children”, in Child development today and Tomorrow, 1989
  • Belotti G., Palazzo S., “Genitori, la sfida educativa”, Elledici editore, 2007
  • Blos P., “Ladolescenza: un’interpretazione psicoanalitica”, Angeli, 1971
  • Bowlby J., “Una base sicura”, Cortina, 1988
  • Fiese B.H. e Kline C.A., “Development of the family ritual questionnaire: Initial reliability and validation study”, in Journal of family Psychology, 6,3, 1993.
  • Fruggeri L., “Famiglie”, Carocci, 2007
  • Lutte G., “Psicologia degli adolescenti e dei giovani”, Il Mulino, 1987
  • Malagoli Togliatti M., Lubrano Lavadera A., “Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia”,2002
  • Mc Goldrick M., Carter E.A., “il ciclo di vita della famiglia”, a cura di F. Walsh, Angeli, 1986
  • Palmonari A., “Gli adolescenti”, Il mulino, 2001
  • Palkovitz R. J., Sussman M. , “Transitions to Parenthood”, Routledge, 1989
  • Scabini E., Iafrate R., “Psicologia dei legami familiari”, Il Mulino,2003
  • Scabini E., Rossi G. (a cura di), “Le parole della famiglia”, Vita e Pensiero editore, 2006
  • Walsh F. (a cura di), “Ciclo vitale e dinamiche familiari, tra ricerca e pratica”, Franco Angeli, 1995
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